Giovedì 25 gennaio alle 17 al Chiostro Nina Vinchi, la presentazione del libro Le lacrime della Duse. Ritratto di un artista da vecchio, insieme all’autore Glauco Mauri e Mauro Paladini. Modera Anna Piletti.
Chiostro Nina Vinchi
“ Vorrei fosse chiaro che non mi servo della vita per parlare di me ma uso me stesso per parlare della vita. Ho più di novant’anni e ho sempre cercato di stare con le antenne della mente e del cuore ben vibranti, per tentare di comprendere qualcosa della grande avventura del vivere. A quindici anni sono salito, per la prima volta, sopra un palcoscenico, poi per settantadue ho dedicato la mia vita al teatro. Luci e ombre, successi e fallimenti e devo confessare che i secondi mi sono stati più utili”
Glauco Mauri racconta e riannoda i fili dei ricordi della sua prodigiosa vita.
Natali a Pesaro (1930) e adolescenza vissuta durante la guerra con la sola mamma, e i due fratelli di molto più grandi al fronte.
L’amore per il teatro nato prestissimo e, ancora ragazzino, spettatore assiduo degli spettacoli lirici al Teatro Rossini, dove correva su per cinque piani di scale fino al loggione, a prendere posto anche per una vecchia signora.
Ricordi vivi del periodo della guerra, dei primi passi in teatro, i primi lavori e la squadra di calcio che allenava. L’ammissione all’Accademia d’Arte Drammatica e il primo grande successo da professionista, a soli ventitré anni nel ruolo di Smerdjakov, ne I fratelli Karamazov nella compagnia Lilla Brignone e Gianni Santuccio, diretto da Andrè Barsacq. Il racconto delle tournée Sudamericane con Memo Benassi nei primi anni Cinquanta.
A questo grande interprete del teatro italiano del Novecento si deve il magnifico e commovente ricordo che ha dato il titolo al libro. La Compagnia era a Buenos Aires, tra gli altri titoli in programma anche Spettri di Ibsen, quando, l’ultima sera prima del rientro in Italia, Mauri fu chiamato in camerino dal grande attore, che tirò fuori dal suo baule una sacca di tela grigia contenente una giacca. “Ecco, questa è la giacca che indossavo quando facevo Osvaldo con la Duse in America. Ce l’avevo anche a Pittsburgh, quando morì trent’ anni fa. Da allora non l’ho più indossata. Volevo indossarla qui in America ma ho messo su un po’ di pancetta e non mi va più bene. La do a te. Mi chiedi sempre della Duse e so che, anche se non l’hai mai conosciuta, le vuoi bene. Custodiscila tu come l’ho custodita io, con amore e per tanti anni. Tieni è tua.” Era una giacca di velluto nero un po’ vissuta dal tempo, l’aveva donata come un passaggio di consegne al giovane Mauri, aggiungendo: “E ricorda, su questa spalla ci sono le lacrime della Duse”. Sulla spalla sinistra, quella su cui la signora Alving piangeva alla fine di Spettri.
Un libro ricco di aneddoti sui tanti incontri con personaggi famosi o non. La nascita della propria Compagnia, quando decide di percorrere una strada propria e autonoma affiancato da Roberto Sturno. Compagnia Mauri Sturno che in quarantadue anni di attività, ha affrontato i testi sommi della storia del teatro con una propria sigla interpretativa.
A Roberto Sturno, deceduto lo scorso settembre, insostituibile compagno di lavoro per cinquant’anni, è dedicato il libro.
Un libro che lo stesso autore Glauco Mauri, insieme a Mauro Paladini, presenta con la moderazione di Anna Piletti.
Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria
Un libro ricco di aneddoti sui tanti incontri con personaggi famosi o non. La nascita della propria Compagnia, quando decide di percorrere una strada propria e autonoma affiancato da Roberto Sturno. Compagnia Mauri Sturno che in quarantadue anni di attività, ha affrontato i testi sommi della storia del teatro con una propria sigla interpretativa. Un libro che lo stesso autore Glauco Mauri, insieme a Mauro Paladini, presenta con la moderazione di Anna Piletti. Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria“ Vorrei fosse chiaro che non mi servo della vita per parlare di me ma uso me stesso per parlare della vita. Ho più di novant’anni e ho sempre cercato di stare con le antenne della mente e del cuore ben vibranti, per tentare di comprendere qualcosa della grande avventura del vivere. A quindici anni sono salito, per la prima volta, sopra un palcoscenico, poi per settantadue ho dedicato la mia vita al teatro. Luci e ombre, successi e fallimenti e devo confessare che i secondi mi sono stati più utili”
Glauco Mauri racconta e riannoda i fili dei ricordi della sua prodigiosa vita.
Natali a Pesaro (1930) e adolescenza vissuta durante la guerra con la sola mamma, e i due fratelli di molto più grandi al fronte.
L’amore per il teatro nato prestissimo e, ancora ragazzino, spettatore assiduo degli spettacoli lirici al Teatro Rossini, dove correva su per cinque piani di scale fino al loggione, a prendere posto anche per una vecchia signora.
Ricordi vivi del periodo della guerra, dei primi passi in teatro, i primi lavori e la squadra di calcio che allenava. L’ammissione all’Accademia d’Arte Drammatica e il primo grande successo da professionista, a soli ventitré anni nel ruolo di Smerdjakov, ne I fratelli Karamazov nella compagnia Lilla Brignone e Gianni Santuccio, diretto da Andrè Barsacq. Il racconto delle tournée Sudamericane con Memo Benassi nei primi anni Cinquanta.
A questo grande interprete del teatro italiano del Novecento si deve il magnifico e commovente ricordo che ha dato il titolo al libro. La Compagnia era a Buenos Aires, tra gli altri titoli in programma anche Spettri di Ibsen, quando, l’ultima sera prima del rientro in Italia, Mauri fu chiamato in camerino dal grande attore, che tirò fuori dal suo baule una sacca di tela grigia contenente una giacca. “Ecco, questa è la giacca che indossavo quando facevo Osvaldo con la Duse in America. Ce l’avevo anche a Pittsburgh, quando morì trent’ anni fa. Da allora non l’ho più indossata. Volevo indossarla qui in America ma ho messo su un po’ di pancetta e non mi va più bene. La do a te. Mi chiedi sempre della Duse e so che, anche se non l’hai mai conosciuta, le vuoi bene. Custodiscila tu come l’ho custodita io, con amore e per tanti anni. Tieni è tua.” Era una giacca di velluto nero un po’ vissuta dal tempo, l’aveva donata come un passaggio di consegne al giovane Mauri, aggiungendo: “E ricorda, su questa spalla ci sono le lacrime della Duse”. Sulla spalla sinistra, quella su cui la signora Alving piangeva alla fine di Spettri.
A Roberto Sturno, deceduto lo scorso settembre, insostituibile compagno di lavoro per cinquant’anni, è dedicato il libro.