Glauco Mauri: «In scena a 87 anni con tre classici: non penso al ritiro» (2025)

l’intervista

Milano, 12 dicembre 2017 - 21:09

Il grande attore, classe 1930, è in tournée con tre spettacoli, realizzati insieme a Roberto Sturno: «Finale di partita», «Edipo re» ed «Edipo a Colono»

di Emilia Costantini

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Glauco Mauri: «In scena a 87 anni con tre classici: non penso al ritiro» (1)Glauco Mauri in una scena dell’«Edipo»

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Non uno, ben tre spettacoli in tournée: Glauco Mauri, classe 1930, non molla e rilancia: «Certo, la fatica alla mia età si sente eccome - ammette il grande attore - e non solo quella fisica di stare tutte le sere in palcoscenico, soprattutto quella di gestire la mia compagnia di giro, non avendo l’appoggio dei teatri stabili, sono costretto a un tour de force anche nelle piccole città dove non si può avere la lunga tenitura. Si recita per due-tre giorni in un posto e poi via, da un’altra parte, un debutto dietro l’altro! Faccio lo scavalcamontagne».

«Alla mia età chi me lo fa fare? Non posso fare a meno del teatro»

Tre spettacoli di cui è protagonista insieme a Roberto Sturno: Finale di partita di Samuel Beckett, Edipo re ed Edipo a Colono di Sofocle. «E ce n’è pure un quarto in preparazione: En attendant Beckett, con cui raccontiamo il variegato mondo del grande autore irlandese». Verrebbe da chiedere: ma chi glielo fa fare? «Me lo chiedo anche io. Ma non posso mollare perché nei piccoli teatri dove andiamo i biglietti costano poco, gli incassi sono bassi e soltanto per pagare i tecnici, i camion che portano in giro le nostre scene occorrono tanti soldi. Perché continuo? Sono sincero: ho cominciato a fare l’attore a 15 anni, perché sul palco riuscivo a essere quello che non ero nella vita». In che senso? «Non ero bello, ero grassoccio, avevo i denti storti. Quando si apriva il sipario diventavo un altro e ho capito quanto il teatro fosse importante per me». Ha debuttato in un teatrino parrocchiale a Pesaro, la città dov’è nato, poi gli studi all’Accademia d’arte drammatica e l’inizio di una lunga carriera. «Non recito per dimostrare che sono bravo, ma sono convinto di poter essere d’aiuto a qualcuno: tutte le arti contribuiscono all’arte più grande di tutte, quella di vivere. Con i capelli bianchi e gli acciacchi mi sento ricco di quest’arte che mi fa giocare con la fantasia».

«Il teatro è una palestra per la mente e per il corpo»

A 87 anni ancora voglia di giocare? «Il teatro è una palestra, sono vecchio eppure mi fa sentire giovane non certo nei muscoli possenti che non ho più, ma nell’incuriosirmi ogni sera...». È per questo che altri grandi vecchi affollano tuttora le scene? «Certo, continuiamo a resistere perché i giovani attori non hanno la scuola che abbiamo avuto noi. Non è colpa loro: la società spinge questi bravi ragazzi alla rincorsa dell’apparire, senza capire che prima bisogna essere. Ai nostri tempi c’era il teatro e basta, non la frenesia mediatica di oggi». I giovani come meteore, mentre i vecchi resistono al tempo che passa? «È proprio così». In effetti, ci sono più grandi vecchi nel teatro che sul grande schermo. Ride Mauri: «Bè, forse perché al cinema c’è un peso “estetico”: i vecchi da scritturare devono anche essere belli. A teatro la bellezza conta poco, non ci sono i primi piani e il trucco aiuta».

Grandi vecchi e grandi opere

Grandi vecchi e un repertorio principalmente classico: Shakespeare, Pirandello, Beckett... Opere di «cassetta» che fanno «ascolti» in teatro? «Siamo un po’ condizionati dai testi famosi, è difficile vendere un titolo sconosciuto». Mai avuto la voglia di dire basta? «La pensione è ancora lontana, ma i momenti di scoramento ci sono. Ci sono due tipi di stanchezza: quella della mente che puoi controllare e quella fisica che non puoi controllare. Gli anni che avanzano si insidiano nel tuo corpo, puoi tentare di esorcizzarli, ma non li puoi dominare. Non sono uno sciocco, so di essere al tramonto della mia vita di uomo e di attore, spero solo che il momento finale sia rimandato». Il momento finale: la morte? «Non mi fa paura. Mi torna in mente quel ragazzo goffo di 15 anni: la prima volta che recitai nel teatrino parrocchiale, a fine spettacolo il sipario non venne giù come doveva. Ci fu un momento di generale imbarazzo, ma capii che il mio destino era segnato, il sipario non sarebbe mai calato: intatti tuttora è ancora alzato».

12 dicembre 2017 (modifica il 13 dicembre 2017 | 19:54)

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